Coach: chi è, cosa fa, come diventarlo. Di questo abbiamo parlato, in sintesi, nella prima parte della nostra Guida a come diventare formatore. Abbiamo visto che il coach è colui che supporta uno studente o un cliente nel raggiungimento di uno specifico obiettivo personale o professionale, fornendo formazione e guida. Concentrandoci poi sulla figura del Business Coach, ne abbiamo analizzato le attività e quella parte di competenze, intese anzitutto come la sua formazione personale anche sul piano tecnico, per assicurargli un vero successo nel settore, distinguendolo dai non pochi «venditori di fumo» che, purtroppo, popolano il mondo della formazione. Diventare formatore accreditato è, infatti, essenziale per chi voglia intraprendere questo percorso: anche se è difficile che sia richiesta una specifica certificazione o licenza, proprio perciò questa è tanto più necessaria per distinguersi nel settore. Spiccare in questo campo con una certificazione della propria preparazione diviene dunque essenziale.
Non tutto però, dicevamo, s’impara sui banchi di scuola. Per il buon formatore sono anzi necessarie soft skills decisive affinché il suo lavoro possa conseguire il successo cercato. Quali sono dunque queste «altre competenze»? E come poi potrà metterle a frutto? In che modo, cioè, potrà proporsi nel mondo del lavoro, grazie a quali strumenti e piattaforme professionali?
Di seguito, ecco le principali competenze necessarie di un buon formatore. Il coach deve sapere:
Più in generale il formatore, essendo un «facilitatore», un «agevolatore dell’apprendimento», è chiamato a dispiegare la propria professionalità su più versanti, sia scientifici sia operativi: da quello pedagogico a quello psicologico, passando per le relazioni umane personali, sociali, organizzative, economiche e del mercato del lavoro.
Il formatore è anche un consulente di processo e, come tale, ha il compito di sovrintendere ai fattori interpersonali e organizzativi durante riunioni, tavoli, colloqui, mediazioni tra le parti. Tutto ciò richiede che possieda, oltre a quanto detto:
A questo proposito, emblematica è una metafora di Liss, in cui si afferma che «come gli enzimi in biologia aiutano le cellule, i facilitatori aiutano il dialogo nei gruppi, la maturazione attraverso una continua attenzione per sviluppare azioni appropriate». Anche Pino De Sario, in un articolo intitolato «Il Facilitatore: un antidoto al comportamento negativo» (2003), afferma che la qualità migliore di tale figura sta nell’accogliere e gestire la negatività (critiche, squalifica, distruttività, malintesi, sfiducia, opposizione, conflitto) che si può riscontrare nelle reti interorganizzative, in aula o all’interno di un team. Bales afferma poi che la ragione di esistere di un gruppo è la realizzazione di un compito, e durante quest’attività possono sorgere tanti problemi in grado di ostacolare il raggiungimento dell’obiettivo da parte del gruppo stesso. Qui emerge l’importanza di tale figura, che sovrintenda il gruppo durante le loro attività, dimostrando alte competenze relazionali per gestire al meglio i vari fattori interpersonali e organizzativi che possono emergere durante riunioni e colloqui.
Tale figura deve essere in grado di facilitare il gruppo sull’area del compito, motivandolo per mantenere alto il livello di partecipazione e stimolando lo sviluppo d’idee nuove. Dovrà essere capace anche di favorire la circolazione d’informazioni per facilitare la soluzione di problemi, e spingere i vari membri a esprimere la propria opinione, evitando allo stesso tempo che si verifichino blocchi ed incomprensioni nel gruppo. Inoltre il formatore deve anche promuovere la connessione e il coordinamento affinché le idee espresse in modo incompleto e impreciso siano riformulate per favorire la comprensione.
E ora che il formatore è «formato», e conosce le competenze hard e soft che gli sono richieste, come distinguersi davvero dalla concorrenza? Come posizionarsi bene sul mercato, in modo da divenire un «nuovo leader», magari «digitale» se questo è il suo settore di attività?
A questo proposito occorre ricordare le preferenze attuali del mercato:
Qualche esempio di «leader»? Marco Montemagno, naturalmente, ma anche Dario Vignali e Chiara Ferragni. In tutti questi casi si tratta di esperti, influencer e imprenditori digitali che creano Academy online e prodotti basati sulle proprie conoscenze ed esperienze, per sviluppare nuovi business scalabili. Che cosa s’intende? Diffondere i propri contenuti attraverso un’Educational Marketing Platform, una piattaforma in cloud «tutto-in-uno» per creare la propria Digital Academy, lanciare videocorsi, gestire il marketing e le vendite online, in modo facile e veloce.
In questo senso Social Academy ha lanciato la prima piattaforma italiana «tutto-in-uno» di Digital Marketing & Social Learning, fatto di semplicità e potenza, con template già pronti, creazione di pagine e sistemi di vendita automatici (funnel) completamente visuale, integrazione con Facebook e Google, sistemi di pagamento e fatturazione elettronica. Un Marketplace della formazione che offre strumenti di orientamento e sviluppo del potenziale e aiuta trainer, formatori e coach ad acquisire contatti e promuovere i corsi.
Social Academy offre, tramite la sua nuova piattaforma Business In Cloud, la possibilità di lanciare videocorsi, creare Academy digitali e trasformare le proprie conoscenze ed esperienze in un business online scalabile. Il servizio è offerto in abbonamento con piani mensili e annuali (da 49€ a 299€ al mese), in modalità Software as a Service (SaaS). Business In Cloud è la piattaforma all-in-one di marketing & sales automation, che trasforma le tue conoscenze e la tua esperienza in un potente strumento di marketing e di business online. in particolare è pensata per:
Vuoi conoscerne ulteriori vantaggi? Seguici, ne parleremo nella prossima puntata della nostra Guida.
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